DI VALENTINA BARONTI
Ex Gkn, un finale ancora da scrivere
C’era una volta una fabbrica di automobili. Ci lavoravano 500 persone, che un venerdì d’estate si trovarono all’improvviso senza lavoro. Rimasero nella loro fabbrica, la custodirono e, mentre aspettavano che qualche imprenditore si facesse avanti per reindustrializzarla, iniziarono a pensare a come farla ripartire da sole. Iniziarono anche a chiedersi che cosa avrebbero voluto produrre e decisero per qualcosa di utile: pannelli fotovoltaici e cargo bike. Raccolsero firme per chiedere l’intervento pubblico e i primi fondi per creare una cooperativa, fondarono una società operaia di mutuo soccorso, chiesero alla loro grande comunità solidale di entrare a far parte della cooperativa e superarono il milione di euro. Poi scrissero una legge per i consorzi di sviluppo industriale e il consorzio nacque e sembrava cosa fatta: il progetto era pronto in ogni dettaglio, avrebbe dato lavoro a più di 100 persone, l’azionariato popolare lo avrebbe sostenuto, i finanziamenti sulla carta c’erano.
Ma poi, mentre le settimane estive scorrevano inesorabili, il consorzio è rimasto lettera morta e la trattativa per lo stabilimento non è neanche iniziata, mentre i fondi di investimento sociale e del mondo delle cooperative, ad esclusione solo di Banca Etica, si sono tirati indietro. Intanto scorrevano in maniera altrettanto inesorabile i mesi di disoccupazione e lo stesso sistema speculativo che aveva portato alla chiusura della fabbrica e, con ogni probabilità, al boicottaggio di ogni reindustrializzazione ecologicamente e socialmente avanzata, aveva fatto sprofondare il mondo nella guerra e nel genocidio, raccontandoci che l’unica uscita possibile dalla crisi dell’occidente era il riarmo. A questo punto il lieto fine di questa storia sembra pressoché impossibile. Ma, proprio come in un librogame, abbiamo la possibilità di inventarci noi il nostro finale: 20mila persone che donano 100 euro a testa e raccolgono così 2milioni di euro per reindustrializzare la fabbrica. Facciamoci un regalo, scegliamo di chiudere con uno schiaffo al sistema.
Il futuro che vorremmo
Nuovo azionariato popolare per la ex Gkn. Basta una piccola donazione per far parte del progetto e permettere alle navi della cooperativa Gff di salpare
Lo hanno chiamato il metodo flotilla: mettere in mare le navi nonostante tutto. Far partire la reindustrializzazione della ex Gkn, andando a sbattere contro il blocco dei nemici e dei falsi amici, del capitale, delle istituzioni, del mondo cooperativo. Iniziare ad ogni costo, con l’unico costante appoggio che questa lotta ha sempre avuto in più di quattro anni: la grande comunità solidale che continua a lottare per una vittoria, per quel piccolo esempio di futuro diverso di cui abbiamo sempre più bisogno. A riassumere questo spirito è Greta Thunberg, che ha incontrato il Collettivo di Fabbrica ex Gkn alla fine di novembre, lasciando un video che è stato usato per lanciare la campagna: “In tutta Europa le fabbriche stanno chiudendo e migliaia di operai stanno perdendo il lavoro. Cosa succede se non lo accettiamo? Cosa succede se rispondiamo con la lotta? I nostri cosiddetti leader non faranno mai la transizione ecologica, non salveranno mai il nostro futuro. Tocca a noi, soprattutto ai lavoratori e alle lavoratrici, essere la soluzione del problema creato da questo sistema. Quello che sta succedendo in questa fabbrica è una speranza per il futuro del movimento operaio e per tutte noi”.
Qual è l’obiettivo della campagna?
Raccogliere almeno 2 milioni di euro, per partire comunque: con tutto il piano industriale di GFF, la cooperativa di lavoratori e lavoratrici ex Gkn, o con una parte di esso. Con questa cifra GFF potrà avviare la produzione (fotovoltaico, batterie, cargo-bike a basso impatto ambientale), completare l’allestimento delle nuove macchine (già ordinate per evitare aumenti di costo), dare un futuro a oltre 100 lavoratori e lavoratrici.
Qui info dettagliate https://insorgiamo.org/
Perché servono 2 milioni?
Perché un investitore “a impatto sociale”, dopo 9 mesi di verifiche tutte superate, ha rinviato l’investimento (2 milioni) legandolo a una vaga condizione di “maggior impegno pubblico” mai chiarita. Perché gli enti che potevano sostenere il progetto non l’hanno fatto.
Chi sono i partner?
ARCI nazionale è il soggetto associativo che si è messo a disposizione per raccogliere le donazioni e diventare una sorta di azionista popolare collettivo. La sua rete permetterà alla campagna di raggiungere ogni circolo in Italia, permettendo a migliaia di persone di contribuire. Gli altri soggetti che rendono possibile mettere in mare queste navi sono i mille soci finanziatori che stanno già versando 1,5 milioni sulla piattaforma dedicata ai soci; Banca Etica e altri istituti di credito che finanzieranno il progetto con 5,6 milioni complessivi; la comunità solidale tutta.
Cosa succede con la donazione?
Si diventa parte dell’assemblea delle donatrici e dei donatori, che sarà tenuta aggiornata sull’avanzamento della cooperativa GFF attraverso assemblee organizzate da ARCI.
C’è una cifra minima?
È possibile contribuire con qualsiasi cifra, ma l’adesione all’assemblea dell’azionariato popolare diffuso scatta con una donazione di 100 euro, che simbolicamente rappresenta “una azione”. Le donazioni sono detraibili nella dichiarazione dei redditi.
E se non si superasse l’obiettivo minimo dei due milioni?
Nulla andrà perso. Se, nonostante tutto, non si raggiungessero i 2 milioni necessari tutte le risorse raccolte verranno utilizzate per creare la prima cassa nazionale di mutua resistenza, un fondo permanente per sostenere altre lotte per il lavoro dignitoso, altre comunità che si trovano schiacciate tra delocalizzazioni, speculazioni e precarietà. L’assemblea dei soci finanziatori e l’assemblea dei donatori decideranno insieme se strutturare questo strumento permanente di mutualismo conflittuale.
