di Ornella De Zordo
Pubblicato nell’agosto del 2025 da Altreconomia, a cura dell’Osservatorio Repressione e Volere la luna, Questo libro è illegale è già stato presentato in varie città. Non deve stupire che ci sia tanto interesse da parte di molte realtà attive sul territorio perché questo è un testo militante, come chiarisce il sottotitolo Contiene parole che insidiano la «sicurezza». Un testo/campagna – lo definisce Alessandra Algostino nella sua ricca introduzione – che ha lo scopo di dare strumenti di resistenza a chi vuole contrastare la deriva autoritaria che stiamo vivendo. Un testo che ci sa indicare pratiche conflittuali da poter mettere in campo. È un glossario con molte firme, che mette a fuoco la declinazione che è stata data a termini che dobbiamo ricondurre a un significato liberato dalla attuale torsione securitaria e antidemocratica. Un esempio per tutti: il termine “sicurezza”, che non è ordine pubblico, ma diritto alla casa, al reddito, alla cura. Abbiamo dunque tra le mani una Guida per capire fino in fondo lo smantellamento della democrazia sociale. Interessante la scelta delle voci del libro: Abitare, Blocco stradale, Boicottaggio, Carcere, Daspo, Disobbedienza, Fascismo, Fogli di via e misure di prevenzione, Informazione, Legalità, Militarizzazione, Migranti, Movimenti, Multe e risarcimenti, Mutualismo, Nemico, Paura, Polizia, Resistenza, Sicurezza, Zone rosse.
Nella presentazione che è stata fatta il 20 novembre nella sede di Fuori Binario a Firenze, ne abbiamo parlato con alcuni degli autori: Ludovico Basili, attivista che fa parte di quel prezioso media indipendente che è l’Osservatorio Repressione, che ha curato la voce “carcere” e Lorenzo Guadagnucci, saggista, giornalista, attivista, tra i fondatori del comitato Verità e giustizia per Genova, che ha scritto la voce “polizia”. Quella sul carcere è una riflessione che va oltre il dato penitenziario: il carcere, nella modernità, nasce come istituzione borghese. La borghesia nascente costruisce un sistema morale e produttivo in cui la povertà non è un effetto, ma una colpa. Da lì discende una genealogia della punizione che arriva fino a oggi: la legge, la pena, l’isolamento come strumenti per disciplinare chi non rientra nell’ordine produttivo. Basili porta al centro il tema dell’abolizionismo, non come utopia ma come metodo critico: se il carcere non riabilita, non riduce i reati, non ripara nulla, allora è il carcere stesso, e il paradigma di colpa su cui si fonda, a dover essere messo in discussione. È un invito a sovvertire il senso comune securitario, ricordando che un’altra concezione della giustizia è possibile.
Lorenzo Guadagnucci affronta il nodo della polizia in Italia, partendo da una domanda che ricorre da decenni: è possibile una polizia democratica? La risposta è amara. Dalla riforma del 1981 alla mancata epurazione del dopoguerra, dalle rimozioni seguite ai fatti del G8 di Genova fino alle norme attuali in materia di sicurezza, la storia italiana è un susseguirsi di occasioni mancate. Genova 2001 non è un incidente: è uno squarcio che mostra quanto poco la cultura democratica sia penetrata nelle forze dell’ordine. La tortura di Bolzaneto, il falso in atto pubblico, l’omertà diffusa non hanno prodotto una riforma, ma un rinnovato silenzio politico. E oggi la tendenza si inasprisce. Con l’estensione dei reati di resistenza a pubblico ufficiale, le norme che garantiscono tutela legale preventiva agli agenti e il progetto di uno scudo penale per le forze di polizia, si avanza verso uno scenario in cui chi dovrebbe essere controllato diventa sempre più incontrollabile.
Interessante anche la riflessione sulle zone rosse di Vincenzo Scalia, docente all’Università di Firenze di Sociologia delle Devianze, che collega il dispositivo repressivo al modello urbano neoliberale. La città, trasformata in polo di valorizzazione, turismo e rendita immobiliare, non può tollerare ciò che incrina la sua estetica commerciale: povertà, dissenso, forme di vita non omologate. Da qui la proliferazione di recinzioni fisiche e simboliche: panchine anti-vagabondo, pedonalizzazioni selettive, militarizzazione dei centri storici. Dalla “zona rossa” di Genova 2001 alle ZTL sorvegliate, il principio è lo stesso: impedire a determinati corpi di essere presenti nello spazio pubblico. Il dissenso, come la marginalità sociale, deve essere espulso perché disturba la narrazione turistica e il business urbano. Riaprire il significato di “zona rossa” significa allora tornare a immaginare spazi di democrazia, non di esclusione.Questo libro è illegale è un invito non solo a capire, ma a resistere: a produrre pratiche alternative, a difendere chi lotta, a riportare la democrazia dove oggi avanza lo Stato penale, perché, come scrivono gli autori, la resistenza è un diritto, e questo libro prova a restituirci gli strumenti per esercitarlo.

