Giornalisti di Fuori Binario si diventa

Corso professionale per i diffusori e i redattori di Fuori Binario, che potranno così iscriversi all’Ordine dei Giornalisti

MARTINA FACCHINI

Giornalisti in erba o forse meglio “in strada”: per chi vende Fuori Binario nelle vie della città si è aperta la possibilità di un percorso finalizzato all’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti pubblicisti partendo dalla formazione professionale. Nelle scorse settimane chi diffonde il giornale, insieme ai volontari dell’associazione, ha infatti partecipato ad un laboratorio di scrittura giornalistica che ha riscosso un grande entusiasmo tra gli atipici, quanto appassionati alla materia, studenti che si sono ritrovati nelle aule del Polo universitario di Novoli per frequentare le prime tre lezioni.

Durante il primo appuntamento sono stati affrontati i rudimenti del giornalismo in cui notizia e notiziabilità l’hanno fatta da padrona. Sapere che cosa possa interessare il lettore è di certo alla base di un buon articolo che si tratti di un “coccodrillo”, di un editoriale, di un’intervista, di un’inchiesta o di un misero resoconto, ma forse da solo non basta senza l’attendibilità delle fonti. Certo delle fonti primarie i casi Cucchi e Aldrovandi hanno insegnato a diffidare, ma manca sempre qualcosa: obiettivo, preciso, completo e corretto così deve essere un giornalista, e anche autonomo nelle sue scelte verrebbe da aggiungere. Un mix di competenze che arriva ai rudimenti di deontologia partendo, con i piedi ben piantati per terra, dall’ABC di un buon articolo, ovvero la scrittura dell’incipit, dove in poche battute il giornalista principiante condensa la regola della 5W: il cosa, il chi, il dove, il quando e il perché di un fatto che grazie a lui diventa finalmente notizia.

Con il secondo incontro sono state approfondite le “scelte stilistiche” o gli “stili narrativi” del giornalista: che sia gonzo o new journalist poco cambia. Raccontare la storia di un singolo per raccontare il tutto, un po’ una sineddoche della rappresentazione della realtà. Così per raccontare la chiusura di una fabbrica di 400 lavoratori, si narra la storia di un operaio che con la cassa integrazione non riesce a pagare il mutuo, le bollette e che ha perso capacità di pensare e progettare il proprio futuro. Un adattamento intimistico che ha, tra i rischi, quello di ridurre un evento epocale e corale ad un fatto privato “emozionale” (come va di moda dire ora), e che ci interroga su cosa rimanga al lettore alla fine dello sfoglio del giornale o della trasmissione televisiva. Rabbia? Pietà? Indignazione fine a se stessa oppure la voglia di impegnarsi attivamente per un mondo più solidale e giusto? Un mestiere, quello del giornalista, che fa dei rapporti umani un elemento strategico. E a Fuori Binario su questa cosa ci misuriamo tutti i giorni. Certo è che il genere a quanto pare più ambito dalla platea di “strada” sia l’intervista, protagonista della terza giornata: come si prepara, come si gestisce, ma è soprattutto come si rappresenta e costruisce il virgolettato, il fuori dai microfoni (te lo dico ma non lo scrivere!) che ha suscitato una grande curiosità tra gli studenti-diffusori.

Spento il proiettore dell’aula, la strana classe si è riunita in strada per recuperare le penne prestate, per chiedere gli appunti e capire come scaricare le slides, ma anche come iniziare a mettere in pratica le tante suggestioni ricevute da questo ritorno sui banchi. Terminata così la prima parte di questo laboratorio di giornalismo forte resta l’aspettativa nel proseguire quest’avventura anche nella stagione fredda, con un ringraziamento per aver messo a disposizione l’aula ad Alessandro Simoni, presidente dell’associazione Periferie al centro, e a Cristiano Lucchi, direttore responsabile del giornale che ha tenuto il laboratorio.

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