“Il progetto Fuori Binario” dalla rivista Testimonianze

Questo articolo è apparso sul numero 557/558 dedicato a “L’attesa della povera gente nel villaggio planetariodella rivista Testimonianze, fondata nel 1958 da padre Ernesto Balducci

di Cristiano Lucchi, direttore di Fuori Binario

Sul finire del secolo scorso il marciapiede del binario 16 della stazione fiorentina di Santa Maria Novella accoglieva, in modo molto improvvisato ma al riparo dai rigori eccessivi dell’inverno, molti dei poveri che abitavano la città. In quegli stessi anni, era il 1994, un gruppo di operatori dell’Albergo popolare di via della Chiesa decise di fondare Fuori Binario, ispirato al giornale di strada londinese Big Issue, uscito qualche mese prima e primo al mondo con lo scopo di dare un reddito ai senza dimora. L’obiettivo, insito nel nome, era quello di tirar fuori dalla stazione ferroviaria chi vi era costretto per mancanza di denaro. Come? Producendo un giornale e permettendo la vendita in strada a coloro che non avrebbero mai trovato, per mille motivi, un lavoro stabile e redditizio. Fuori Binario è da allora l’unico giornale di strada di Firenze, ormai uno dei pochi in Italia, da sempre autogestito e autofinanziato.

È nato così uno dei giornali di strada più longevi del nostro Paese, insieme a Piazza Grande edito a Bologna e al milanese Scarp de’ tenis, più recentemente affiancati dal bilingue Zebra in Alto Adige e dal vaticano Osservatore di strada. Trenta anni dopo Fuori Binario è ancora nelle vie della città a disposizione dei poveri e delle povere grazie ad una redazione mista, costituita – per citare Primo Levi – da “sommersi” e “salvati” (al momento). Il meccanismo è semplice. Chi scrive, fotografa, impagina, lavora alla complessa produzione del giornale, non prende un euro per il suo impegno. Tutto questo viene fatto per sostenere economicamente i diffusori, persone senza lavoro o sfruttate, spesso senza dimora, ma non solo, che subiscono l’esclusione dall’attuale sistema economico. La loro possibilità di costruire un reddito dipende da chi acquista il giornale. La copia uscita dalla tipografia viene affidata al costo di un euro al diffusore: si tratta del costo vivo della stampa e della spedizione postale. Ciò che viene offerto oltre l’euro costituisce il suo guadagno. Da alcuni calcoli spannometrici abbiamo rilevato un rapporto di 1 a 4. Per ogni euro investito ne vengono generati quattro di quello che definiamo “reddito di sussistenza” frutto di un “giornalismo redistributivo”.

Torniamo alla redazione. Di questa fanno parte le distributrici e distributori (23 nel momento in cui scriviamo), che lavorano attivamente al giornale insieme a chi di mestiere fa il giornalista, il grafico o il fotografo e offre il suo contributo professionale, oltre a chi è attivo nei movimenti sociali o a chi trova qualche ora al mese per accompagnare il tutto con la sua presenza. Ad editare il mensile, 16 pagine con una tiratura media di 2.000 copie, è l’associazione Periferie al centro che, oltre che del giornale, si occupa da sempre di dare la residenza fittizia a chi non ce l’ha presso la propria sede di Via del Leone 76 (angolo Piazza Tasso), dando così la possibilità di disporre dei diritti a chi non ha un tetto sulla testa. Si occupa anche di distribuire pacchi alimentari ad una cinquantina di persone e nuclei familiari. Si tratta di attività che definiamo di “mutualismo conflittuale”, ovvero frutto di un processo di sostegno nei confronti di chi è escluso dallo stato sociale, un percorso accompagnato allo stesso tempo da un’azione di denuncia del sistema, allo scopo di cambiare i rapporti di forza e far sì che il pubblico prenda in carico con efficacia i problemi che colpiscono i più fragili, riconoscendo il valore del mutualismo dal basso, svolto in maniera collettiva e disinteressata. Attraverso Fuori Binario entriamo così nelle questione sociali e politiche della città, fornendo una visione alternativa a quella dei media dominanti e parallelamente cercando di penetrare nel vivo delle questioni, svolgendo una funzione di redistribuzione del reddito ed erogazione di servizi a chi ne è escluso.

L’impegno della testata è quindi la difesa, il rispetto e l’estensione dei diritti sociali e civili, sempre più erosi dall’introduzione nel dibattito pubblico di parole avvelenate come “degrado”, “decoro”, “meritocrazia”. I poveri vengono infatti definiti più per i loro comportamenti che per la bassissima disponibilità di denaro. Chi vive quella condizione “se l’è andata a cercare”, perché non adotta quei comportamenti virtuosi praticati invece dalle persone “perbene”. Chi è costretto a mangiare cibo da un cassonetto è “degrado” da bonificare ed espellere dal consesso civile e non più qualcuno da aiutare. Fuori Binario contrasta questa ideologia, che invece di colpire la povertà, si accanisce contro chi è senza mezzi. Una concezione della società che invece di analizzare le cause pensa di rimuovere, con quelle stesse parole avvelenate, le conseguenze. A Firenze, come altrove, è lo spazio pubblico ad essere il campo di battaglia della guerra ai poveri, frutto della retorica del decoro. Ne sanno qualcosa le tante persone che bazzicano la nostra redazione. Sedersi su una scalinata, dormire su una panchina, bere o mangiare per strada, assumere “atteggiamenti fastidiosi” (qualcuno di voi conosce una norma che definisce il fastidio?), li trasforma in veri e propri fuorilegge.

Chi disobbedisce a queste norme, chi rientra nella categoria dei “non conformi”, i marginali, certo, ma anche gli attivisti dei movimenti sociali e recentemente coloro che si battono per affrontare l’emergenza climatica, chi vive la città, verrebbe da dire, viene colpito inesorabilmente nel migliore dei casi con il Daspo urbano e nel peggiore con il carcere, dopo gli assurdi decreti sicurezza introdotti dal governo Meloni. A noi di Fuori Binario questa visione della società, questo legalitarismo acritico e privo di ogni senso, fanno ribrezzo. La città appartiene a tutti e a tutte, non solo agli investitori della città gentrificata a cui servono strade pulite dalla feccia umana per far viaggiare in sicurezza turisti danarosi.

Molti dei contributi discussi dalla redazione per essere pubblicati insistono così sulle politiche securitarie che a Firenze, e non solo, colpiscono i poveri e non la povertà, gli oppositori politici e non chi ammaestra la narrazione dominante per conservare il Potere. Le politiche del decoro sono mutuate dal mito americano della tolleranza zero, nascono dalla rinuncia a governare la complessità tramite istituti come il welfare e la sicurezza sociale – fondati sull’espansione di diritti come la casa, il lavoro, la sanità e l’istruzione -, privilegiando una meritocrazia basata sul denaro e l’appartenenza alle classi sociali benestanti. Sono politiche cariche di stigma e pregiudizio verso chi è costretto ai margini, instaurano la paura per il “diverso” e per chi non è “decoroso” e hanno anche la colpa di portare, trasversalmente e sostanzialmente senza resistenze, gli amministratori pubblici sempre più lontano dai princìpi della Costituzione.

Nella produzione del giornale ci ispiriamo, tra gli altri, a due testi molto importanti usciti negli ultimi anni: La buona educazione degli oppressi. Piccola storia del decoro di Wolf Bukowski (Alegre 2019), e Contro il decoro. L’uso politico della pubblica decenza di Tamar Pitch (Laterza 2013).

Bukowski racconta come da anni sia in corso “una guerra, combattuta tra le strade delle città, contro poveri, migranti, movimenti di protesta e marginalità sociali. Le sue armi sono decoro e sicurezza, categorie diventate centrali nella politica. Lo scopo è cancellare ogni riferimento di classe per delimitare un dentro e un fuori, in cui il conflitto non è tra sfruttati e sfruttatori ma tra noi e loro, gli esclusi, che nel neoliberismo competitivo da vittime diventano colpevoli: povero è chi non si è meritato la ricchezza. Il mendicante che chiede l’elemosina, il lavavetri ai semafori, il venditore ambulante, il rovistatore di cassonetti, sono dipinti come minacce al quieto vivere”. Pitch definisce invece il decoro “come ciò che viene proposto e imposto a un ceto medio impoverito e impaurito e a tutti coloro i cui desideri e passioni non sono incanalabili verso il consumo di merci. Il decoro giustifica politiche nazionali e locali volte a tenere a bada i giovani, le donne, i migranti, e a indirizzare paure e scontento. Il decoro distingue tra perbene e permale”. “Ad essere perseguita – continua Bukowski – non è la sicurezza sociale, di welfare e diritti, ma quella che dietro la retorica del decoro assicura solo la difesa del privilegio. Sotto la maschera del bello vi è la messa a reddito: garantire profitti e rendite tramite gentrificazione, turistificazione, cementificazione, foodificazione”. Vi ricorda una città in particolare? A Firenze Fuori Binario racconta quindi le storie delle persone costrette a “meritarsi” le prestazioni sociali, ad entrare in “percorsi dal sapore pedagogico”, a vedere trasformati i propri diritti in “concessioni delle autorità”. Quelle stesse autorità che Antonio Tabucchi nel pamphlet Gli Zingari e il Rinascimento (Feltrinelli 1999) dedicato a Firenze non esitava a definire di “una volgarità insopportabile” nella loro relazione con chi è costretto ai margini.

Chiunque stia leggendo queste righe ha la possibilità immediata di collegarsi a fuoribinario.org e scaricare dall’archivio il giornale in formato pdf. Vale la pena però approfondire il lavorìo che sta a monte del prodotto finale, frutto di un’intelligenza collettiva, formata dal desiderio di emancipazione dei più fragili, dalla pazienza e dalla generosità dei volontari, dalla passione civile di giornalisti di professione. Anche in questo l’attività redazionale è di mutualismo conflittuale. Non si tratta infatti di raccontare le storie di chi è escluso dalla società, ma piuttosto di farle raccontare a chi le vive, in un percorso di ascolto, confronto e crescita reciproca. Fuori Binario analizza tutta l’agenda quotidiana attraverso il punto di vista di chi subisce il sistema economico liberista e lo fa senza intermediari, dando spazio all’auto rappresentazione. Mese dopo mese ci impegniamo nel facilitare il passaggio da venditore a venditore/giornalista, grazie ad una partecipazione condivisa alla riunione mensile che serve per pensare i contenuti del numero successivo. Si tratta di un incontro aperto a tutti e a tutte, nel quale esprimiamo ciò che per ognuno di noi è importante trattare sul giornale, indipendentemente che si sappia scrivere o meno. Per sostenere la stesura di un articolo da parte di chi è in difficoltà con la scrittura giornalistica, abbiamo pensato ad un triplo livello di accompagnamento, a partire da un laboratorio di giornalismo dal basso in cui tentiamo di fare chiarezza sul concetto di giornalismo, su cosa è o meno una notizia, sulle peculiarità dell’articolo legate all’attualità, su una scrittura piana, leggibile e accessibile ai più. C’è poi una forma di accompagnamento personalizzata, basata su coppie formate da un venditore o da una venditrice e da un giornalista o da chi maneggia meglio la scrittura. Insieme, una volta scelto su cosa scrivere, si confrontano sull’argomento, sulle implicazioni ad esso legate, sul taglio da dare al pezzo per poi produrre l’articolo vero e proprio. Per dare continuità all’impegno di ognuno abbiamo deciso infine che i pezzi firmati da chi vende il giornale siano regolarmente pagati, un modo per consentire loro, dopo due anni di pratica, di diventare giornalisti pubblicisti grazie all’iscrizione all’Albo nazionale.

I temi che emergono con più forza sono naturalmente legati ai diritti sociali: la casa e il diritto all’abitare, il lavoro, la salute mentale, l’aberrazione del carcere, la criminalizzazione delle persone che migrano o di coloro che sono poveri, la pubblica istruzione finita nelle mani delle imprese. Non mancano racconti sulla vita in strada, sugli incontri che vi avvengono, sui tanti pertugi di socialità e solidarietà che con la loro esistenza paiono indispettire il pensiero perbenista dominante adottato, nostro malgrado, anche dalla politica, dai governi nazionali e dalle amministrazioni locali. Tra le rubriche fisse la più antica e importante è Fuori dal tunnel. Si tratta di una pagina utile ad orientarsi per chi non ha niente in una città difficile e respingente come Firenze; vi sono mappati i servizi offerti a chi ha bisogno di mangiare, dormire, lavarsi, vestirsi, imparare l’italiano, ricevere soccorso o una consulenza giuridica, essere ascoltato. Una pagina ospita l’Alfabeto di Fuori Binario in cui ogni mese proponiamo 21 proposte di cose, eventi, persone, produzioni e fatti interessanti per costruire insieme una società più giusta: podcast, libri, film, canzoni, mostre, siti, laboratori virtuosi.

Oltre all’associazione Periferie al centro – nel 2024 quasi 200 persone si sono associate per accompagnare questa esperienza – è fondamentale l’apporto di chi acquista il giornale in strada o si abbona. Centrale anche il ruolo dei “Luoghi amici”, una trentina di realtà organizzate (associazioni, circoli, comunità, gruppi informali, collettivi, librerie, negozi, ecc) che sostengono il progetto dal punto di vista economico e culturale. Ogni mese acquistano un pacchetto di copie al doppio del prezzo di costo consentendoci in questo modo di aumentare la diffusione e di coprire una parte delle spese. Una rete mutualistica sempre pronta ad accogliere nuovi nodi.

Resistendo tra alti e bassi nel 2024 Fuori Binario ha compiuto 30 anni. Per l’occasione a febbraio abbiamo organizzato un convegno intitolato “Giornalismo redistributivo. L’auto rappresentazione dei poveri e dei senza dimora attraverso i giornali di strada”, in collaborazione con Federsanità Anci Toscana, Regione Toscana e Fondazione Solidarietà Caritas e a cui hanno partecipato le testate Osservatore di Strada, Piazza Grande, Scarp de’ tenis e Zebra. Oltre la celebrazione, l’incontro è stato molto importante per trattare e consolidare uno degli aspetti fondamentali del nostro lavoro, ovvero come rafforzare nelle nostre pubblicazioni il punto di vista dei “giornalisti senza dimora”. Si è parlato naturalmente anche di potenziare il rapporto tra le testate, soprattutto per condividere contenuti che denunciano atteggiamenti discriminatori, norme carenti o inadeguate, atteggiamenti passivi o latitanti verso i senza dimora. Su fuoribinario.org è possibile ascoltare integralmente gli interventi e presto uscirà un ebook con gli atti. Sempre nell’ottica di fare rete aderiamo da tempo all’International Network of Street Paper (INSP) che organizza ogni anno il Global Street Paper Summit che quest’anno si terrà nel Regno Unito e che vedrà anche la nostra partecipazione.

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