Firenze, dove è finita la mia città

(di LAURA TURCHI) Ho vissuto in Borgo San Lorenzo fino al 2002; ho 73 anni. Mi ricordo che nel centro storico della città c’erano una pizzicheria, un vinaio, che in piazza del mercato c’erano i banchi con la frutta e che all’interno si andava a comprare la carne e il pesce. C’erano varie botteghe di vario tipo.

Per esempio al mercato centrale c’era un edificio basso di mattoni – la casina rossa -, che era una cooperativa dove si comprava di tutto bene e a buon prezzo; ora l’interno del mercato centrale è diventato un posto per pochi radical chic.

So bene che ovunque adesso i piccoli negozi al dettaglio vengono soppiantati da centri commerciali, ma dico questo per sottolineare che prima c’erano delle botteghe per i cittadini che vivevano nel centro storico come me.

La città di Firenze era forse meno bella di oggi, meno pulita forse, sicuramente più provinciale; oggi è tenuta molto bene, ma non è più vissuta come prima. Ora quando torno in centro mi sembra di essere una straniera, perché visito una città fantasma senza i suoi abitanti, dove non esistono più gli spazi per stare insieme. Da piccola mi sedevo con mio babbo sulle scale della chiesa di San Lorenzo per leggere il giornale. Prima i bar, le latterie c’erano, ma erano frequentati da anziani, non era un lusso andarci per fare colazione, e le trattorie erano per gli operai. In città si parlava tra di noi, ci si conosceva, e c’erano molti cinema e teatri, che ora non ci sono più.


Adesso le case in centro costano tantissimo, sia a comprarle che ad affittarle, magari sono anche da ristrutturare; comunque chi possiede una casa in centro l’affitta nella formula del bed & breakfast. Io stessa vivevo in una bellissima casa in Borgo San Lorenzo, ma mi venne dato lo sfratto per farci un ostello.

Una volta, ripassando dove abitavo, vidi che c’era ancora il mio nome sul campanello. Gli chiesi di toglierlo perché non mi sembrava corretto. 

Allora ho comprato una casa in periferia, dove mi sono trasferita come la maggior parte dei cittadini. Tra periferia e centro storico ci dovrebbe essere equilibrio e armonico scambio, invece il centro è il salotto buono per i turisti mentre la periferia è dove si vive; c’è una separazione quasi ad istituire due città diverse. 

Certi luoghi storici sono ristrutturati come alberghi, le chiese sono diventate ambienti museali e si paga il biglietto.

Ci vorrebbe la volontà economica e politica di farne beni comuni di tutti e sottrarli ai privati. Si incontrano solo turisti. Io non ce l’ho con loro, ma vorrei un turismo più articolato, più intelligente, più rispettoso della città e dei suoi cittadini, e vorrei che la città non fosse abitata solo da loro. Ora vedo invece che tutto è fatto in funzione di turisti di passaggio; ci sono alberghi e ristoranti ovunque, locali anche banali e ordinari, dove non si mangia benissimo perché offrono menù con cibo omologato a standard turistici, e che occupano suolo pubblico anche dove sono antiestetici e non igienici per gli avventori. 
Mi sento invasa dai turisti, non dai migranti

Gli alloggi per gli studenti dovrebbero essere anche per quelli meno abbienti, non studentati di lusso. Inoltre il Comune dovrebbe dare un supporto economico per pagare l’affitto laddove gli inquilini non ce la facciano più e questo sia accertato.


Invece di costruire nuove case bisognerebbe ristrutturare edifici in disfacimento e riutilizzarli, o meglio legalizzare le occupazioni. Fare altre nuove costruzioni non è per niente ecologico né favorisce l’ambiente. Bisognerebbe piuttosto recuperare gli edifici abbandonati per darli ai senza tetto, gestendo le assegnazioni per regolarizzarle.

Un tempo c’erano i bagni pubblici alla stazione, ora non ci sono più nemmeno quelli. Per coinvolgere di più la comunità basterebbe mettere più panchine e tavoli, utili a costruire spazi di socializzazione anche all’esterno. 
Opporsi alla speculazione che distrugge i rapporti umani è ormai necessario, perché non si vive quasi più, il mito del sogno americano ha esaltato e invitato a diventare competitivi, ad escludere i più deboli, scartando la loro possibilità d’inclusione.
(testo raccolto da Clara Baldasseroni)

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2 commenti su “Firenze, dove è finita la mia città”

  1. [..] La città di Firenze era forse meno bella di oggi, meno pulita forse, sicuramente più provinciale; oggi è tenuta molto bene, ma non è più vissuta come prima [..]

    Parole sante!!

  2. Nullo Pirazzoli

    “… da piccola mi sedevo
    con mio babbo
    sulle scale della chiesa
    di San Lorenzo
    per leggere il giornale.”

    Grazie per tutto quello che ha raccontato
    e cari saluti
    Nullo Pirazzoli

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