Basta abusi in divisa

Pestaggi, torture, omertà: cronache recenti mostrano la necessità di una riforma democratica delle forze dell’ordine

Non c’è di che stupirsi –indignarsi sì, sempre – se nell’arco di poche settimane le cronache nazionali riportano casi di abusi, violenze,soprusi compiuti da uomini e donne in divisa. Né c’è da stupirsi se le vittime predilette di tali episodi sono persone considerate marginali: stranieri poveri, senza casa, irregolari vari. È successo stavolta a Milano e Verona, ma è accaduto altre volte in passato. Troppo spesso. A Milano un gruppo di agenti della polizia locale ha fermato e colpito con manganelli, calci e getti di gas urticante una donna indifesa e ormai a terra, una persona di cui ci è stato detto subito tutto,con sospetta dovizia di dettagli:straniera, transessuale, agitata.

Come a voler precostituire, difronte a immagini inequivocabili filmate da un testimone, una qualche forma di giustificazione,con un’operazione che ha invece aggiunto oltraggio alle violenze.

A Verona un’inchiesta della magistratura in seno alla locale questura ha messo fine alle angherie compiute per mesi e mesi da una “squadra” di agenti contro persone anche stavolta connotate: immigrati, piccoli spacciatori, autori di reati minori. Cinque agenti sono stati messia gli arresti domiciliari, con ipotesi di reato che includono la tortura. Altri 17 agenti sono stati indagati, facendo capire quanto vasto sia stato il “malaffare” nella questura veronese, che aveva registrato, nel pieno dell’inchiesta (in quella fase riservata), il trasferimento della questora del momento.

Il nuovo questore ha promesso rigore e chiarezza e da più parti si è lodato il fatto che l’indagine sia stata compiuta (comprese le compromettenti intercettazioni telefoniche) da colleghi degli imputati, ma tale constatazione, più che rassicurare, suscita un’ovvia, allarmante riflessione: si applaude alla lealtà di chi ha indagato sui colleghi perché siamo abituati, quasi rassegnati,a comportamenti opposti, cioè silenzi, coperture, perfino boicottaggi.Oltre vent’anni fa, durante il G8 di Genova del 2001, le polizie italiane toccarono un punto bassissimo, mostrando ai cittadini e al mondo intero ciò di cui sono tristemente capaci: abusi seriali, la pratica diffusa di numerose tecniche di tortura, la falsificazione sistematica degli atti ufficiali, l’omertà di gruppo.

Le istituzioni politiche all’epoca volsero la testa dall’altra parte e invece di indagare sulle origini professionali e culturali degli orrori genovesi, invece di pretendere una profonda autocritica con annesso repulisti delle gerarchie, invece di avviare una seria indagine a tappeto sullo stato di salute democratica degli apparati, scelsero di non agire,di proteggere le gerarchie del momento e perfino i condannati, insomma di lasciare le polizie italiane a crogiolarsi nella loro atavica autoreferenzialità.

Per questo non c’è da stupirsi per le notizie di Milano e Verona; piuttosto c’è da pretendere l’avvio di una seria, profonda, partecipata (anche dagli agenti) riforma democratica delle nostre forze dell’ordine. Ne ha un urgente bisogno la nostra stremata democrazia.

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