La grande opera del Mc Tadone

La dipendenza è una roba particolare. Si mette da parte il proprio Io appiccicandosi a qualcuno o a qualcosa. Nel secondo caso, come ad esempio la dipendenza da sostanze che lasciano stupefatti, è un tema su cui si scrivono trattati. La dipendenza può essere anche temporanea ed esistono difatti strutture apposite a risolvere il problema. Strutture che si propongono di risolvere il problema.
Il SER.T., anzi, ora SER.D., è il “servizio per le tossicodipendenze” ora divenuto “per le dipendenze”. Cosa succede quando si entra in un Ser.D? Il cosiddetto utente (il tossicodipendente) cerca aiuto rivolgendosi ad una struttura dell’Azienda sanitaria locale dove figure professionali lo guidano in un percorso di recupero: dottori, educatori, assistenti sociali, psicologi, infermieri (ho dimenticato qualcuno?). Una bellezza!


La maggior parte delle persone estranee al problema non si accorge (o si disinteressa) del movimento costante e quotidiano che da ogni angolo della città, tutte le mattine, si dirige verso questo luogo il cui nome viene spesso solo sussurrato con timore o sdegno. Eppure, nella relazione annuale del 2023 del Dipartimento per le Politiche antidroga al Parlamento in relazione al fenomeno delle tossicodipendenze, risulta che l’affluenza nei Ser.D italiani è di 127.365 utenti (fonte: Ministero della Salute). Quasi il doppio rispetto agli sbarchi di migranti sulle coste del Mare Nostrum, questo anno con un incremento del 13,6% di nuovi fruitori. Meglio non dirlo, forse meglio non parlarne. Lo straniero fa notizia, mentre in fondo qualche tossico in giro comoda a tutti, se non rompe troppe le scatole. Alla mafia del narcotraffico di sicuro, alla polizia che deve pur arrestare qualche galoppino certamente, allo Stato che deve giustificare le proprie politiche in materia… che poi è una materia veramente strana. Ad esempio, non è ancora chiaro se l’utente vada trattato psichiatricamente, medicalizzandolo, o aiutandolo in una crescita personale che lo possa portare verso altri lidi rispetto al famoso tunnel della droga. Oppure semplicemente tenuto sedato in un continuo dilemma filosofico, perché poi anche i tunnel possono essere arredati comodamente.
A Firenze il servizio che dovrebbe essere territoriale è sparpagliato per tutto il Comune con poca attenzione ai quartieri. Tanto per dire, chi è residente nel Quartiere 5 deve recarsi al Ser.D nel Quartiere 1, con buona pace dei residenti del Quartiere 1 che si spostano verso il Ser.D di in un altro Quartiere, e via dicendo. Non ce la prendiamo: è lo scioglilingua della sanità. Viene da chiedersi qual è l’obiettivo, e se ce ne è uno in comune tra servizio e utenti.
Viene da chiedersi se tutta questa preoccupazione da parte delle istituzioni per una città più sicura non potrebbe partire da una politica di prevenzione anziché dall’accanimento terapeutico, mentre Firenze sta diventando un’altra grande piazza di spaccio. Le figure professionali di cui sopra, che lavorano in quella che è ad oggi a tutti gli effetti un’azienda, lo vedono chiaramente, dovendo poi lottare ogni giorno con la scarsa disponibilità di risorse umane ed economiche mentre, per assurdo, aumenta la disponibilità di dosi di cocaina ad ogni angolo della strada.
Dovremmo tenere forse conto che quando l’individuo soffre, soffre anche la comunità, in una situazione di inter-dipendenza.

Da Fuori Binario, novembre 2023

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