Io non sono il mio tumore

Una campagna per il diritto all’oblio, strumento che tuteli chi è sopravvissuto al cancro ma rischia discriminazioni sul lavoro, in banca, nei concorsi pubblici

CRI LO

La campagna “Iononsonoilmiotumore” mira ad adeguare la legislazione italiana alle direttive europee. Serve uno strumento che tuteli chi è guarito dal cancro ma deve comunque dichiarare la propria patologia, ritrovandosi discriminato nel lavoro, se vuole intraprendere un’adozione, partecipare a un concorso o avere accesso a un mutuo Il sopravvissuto al cancro ha diritto all’oblio, eppure, in Italia si sta ancora aspettando una legge che riempia il vuoto normativo, così come invece stabilito e raccomandato dall’Unione europea. Il diritto all’oblio oncologico è un diritto soggettivo in base al quale chi è guarito da un tumore può scegliere di non fornire informazioni riguardo alla propria malattia pregressa.

Al di là della necessità psicologica di chiudere un capitolo della propria vita, le informazioni che vengono richieste a un ex oncologico danno spesso origine a forme di discriminazione in diversi settori: dalle pratiche assicurative a quelle di finanzia mento – accade che alcuni istituti rifiutino l’accesso a mutui e prestiti – fino a vedersi limitare la possibilità di accesso a un posto di lavoro, la pa r tec ipa zione a un concorso e perfino all’iter per un’adozione. In molti casi, le leggi vigenti e le prassi contrattuali danno infatti la possibilità a banche e assicurazioni di svolgere indagini sullo stato di salute di chi si rivolge loro: accade così che essi si basino sulla storia medica di chi richiede un servizio per imporre oneri ulteriori oppure rifiutare l’erogazione di determinati servizi.

Grazie ai progressi nella ricerca medica e scientifica e a terapie sempre più mirate, moltissime neoplasie sono oggi curabili e altre danno un’aspettativa di vita anche molto lunga. Attualmente in Italia sono circa 900mila le persone dichiarate guarite da un tumore – il numero di chi vive dopo una diagnosi di neoplasia cresce del 3% l’anno – ma che continuano a subire la “condanna” dello stigma sociale ed economico di una malattia dalla quale sono uscite. A tutt’oggi, oltre alla Francia che, nel 2016, fu il primo paese europeo ad accogliere il diritto all’oblio oncologico nella propria legislazione, in Olanda, Belgio, Lussemburgo e Portogallo è previsto già dopo cinque anni di assenza di recidive. All’appello mancano però ancora diversi paesi, fra i quali l’Italia, nonostante la risoluzione votata nel febbraio 2022 dall’Europarlamento invitasse tutti gli Stati membri ad adottare leggi in tal senso e nonostante una tale raccomandazione si trovi anche nel Piano oncologico nazionale.

Il pressing sulla necessità del riconoscimento del diritto alla rimozione dei dati sensibili di natura sanitaria che liberi gli ex malati dalla perenne esposizione del loro passato clinico, senza l’obbligo di dichiarare la propria pregressa patologia oncologica, è forte anche della campagna “Io non sono il mio tumore”, che ha il supporto della Fondazione AIOM, l’Associazione nazionale di oncologia medica, e di molte altre organizzazioni che operano nel settore medico e del sostegno alla persona, fra le quali Ail, Lilt, IncontraDonna, Abracadabra. Questa campagna di comunicazione ha già raccolto oltre 100mila firme e ha il grande merito di avere sollevato il velo su un elemento di discriminazione che grava su molti ex malati costretti a vivere come immobilizzati in una patologia dalla quale sono invece guariti. Se vuoi firmare e saperne di più: dirittoallobliotumori.org

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